L’estate inoltrata e piena aveva disegnato nel cielo un
sole giallo intenso che Maria poteva scorgere nell'angolo a destra della grande
vetrata che, dal salone della sua casa, volgeva lo sguardo sulla piccola
piazza.
Maria Antonietta, Maria come a me piace chiamare, teneva svogliatamente
tra le mani il suo ricamo lasciando che la
stoffa , sulla quale il mazzo di rose stava prendendo vita, scivolasse
pian piano dalla sua gonna di taffetà color bordeaux sino al pavimento in legno
lucido che, riscaldato dai raggi del sole, emanava un dolce profumo di cera
molto simile, a parer suo, al profumo dolce del tabacco che bruciava lentamente
nella pipa del padre, nella stanza accanto.
Era annoiata, infastidita quasi, dal silenzio che regnava
nella stanza ed una dolce frenesia si stava impossessando di lei.
Si alzò, guardò fuori dalla finestra e pensò che non avrebbe
sprecato un minuto di più in quella stanza a ricamare corredi ai quali non era
ancora per nulla affezionata e tanto meno interessata.
La madre dalla poltrona opposta, sotto il grande quadro del
trisavolo ritratto in tenuta da caccia dentro ad un paesaggio cupo ed
opprimente dove un povero fagiano giaceva ormai morto e penzolante tra le sue
mani, stava sfogliando un libro di giardinaggio e commentava di acquistar
sementi e oggetti da giardino.
“Oggi è sabato “ disse Maria “ Giorno di mercato! Andrò a fare un giro a veder se posso trovare
qualche frutto o ortaggio da portare a Natalina per il pranzo. ”
“Non vorrai mica uscire adesso? A quest’ora? Da sola? Al mercato?
In mezzo a tanti uomini?”
“Hai altre assurde domande da pormi madre o posso
tranquillamente uscire a vedere la città in tutti i suoi colori invece di restare qui ad annoiarmi
su ricami che credo mai vorrò per me?”
Non sentì cosa rispose la madre perché le sue giovani game l’avevano già portata fuori, nella piazzetta e stava imboccando la strada
che dritta dritta portava al mercato.
Ah! Che sole, che aria, che respiro, che libertà! Aveva al braccio una piccola sporta di vimini
, simile ad un paniere, coperto di una stoffa coloratissima e dipinta a mano
dalla madre che amava dilettarsi nella pittura, con scarso successo peraltro, così
che i tulipani rossi gettati a pennellate sulla stoffa avevano le sembianze di
cavalieri insanguinati e stramazzati al suolo dopo una lunga battaglia.
Imboccò la via, svoltò a destra, proseguì a sinistra e le apparve
la piazzetta successiva gremita di gente
:
“Il Mercato”.
S’intrufolò tra i banchi e…..qui iniziò il suo
viaggio tra i sapori e gli stupori.
Il banco dei formaggi e dei salumi era gestito da un grosso
e basso uomo con barba lunga ma senza
capelli ed il contrasto tra il cespuglio sotto ed il deserto sopra fece sorridere Maria che subito ne fu attratta
e si avvicinò al banco. Il profumo intenso di toma dell’alpeggio si appropriò dei suoi
sensi.
La vista fu rapita dalle forme dei salami appesi al banco e pendenti da una corda che parevano tanti piccoli
impiccati. Grosse fette di formaggio stagionato si abbracciavano tra di loro su canovacci di lino e ciotole di candida
ricotta stavano in bella mostra vicino a cotechini e sanguinacci dal colore
scuro, intenso, sembravano grossi ed
impossibili bislunghi chicchi d’uva nerissima, come se la natura per scherzo li
avesse tirati alle due estremità.
Era un mercato di città, dove veniva offerta la merce migliore
e i commercianti avevano molta cura nell'esporla, molto più che in un qualsiasi altro mercato di un qualsiasi altro piccolo paese fuori dalle porte della città.
Maria viveva di curiosità così passò al banco successivo e a
quello dopo e all’altro ancora e si riempì occhi, olfatto, vista, tatto di
tutti i tesori della terra, della natura
che incontrava tra i banchi del mercato.
Incontrò i peperoni felici e sorridenti esposti con cura in una
sequenza di eccitanti colori che andavano dal giallo al rosso al verde, pomodori orgogliosi di esserlo gonfi di succo e caldi di passione, aggrapparti a sottili
piccole braccia verdi come se avessero
paura di essere staccati e divisi dai propri compagni. Trovò foglie di un intenso e fresco verde lattuga, scura e frastagliata cicoria a ceppi immensi
che lei ricordava aver visto anche nei prati fuori la città quando andava a passeggiare col padre, tonde e sformate
patate dalla buccia color sabbia, sottile e ancora sporche come fossero appena state strappate dal grembo
materno della terra.
Al banco della frutta e verdura vi era una donna.
Una mora prosperosa come le more che teneva nei suoi cestini. Bella, sorridente, aveva labbra
carnose come fragole , rosse come ciliegie, seni gonfi come mele e, supponeva
Maria, morbidi come pesche. Si avvicinò al banco e i suoi occhi esplosero in
colori che neppure l’arcobaleno poteva contenere. Guardò ed accarezzò con le
mani trepidanti i frutti che Madre Natura aveva messo in terra perché gli
uomini potessero goderne.
Maria era eccitata, entusiasta, confusa, golosa e capricciosa di odori e
sapori. Le sembrava che il suo copro
vibrasse come di fronte ad una grande emozione. Come un’emozione d’amore.
Era la scoperta di ciò che il mercato poteva offrire, in
tutte le sue varianti naturali, in tutti i suoni dei sapori e la musica che
nasceva in lei era come se fosse stata scritta su di uno spartito di finissima
e profumata carta sulla quale le note componevano ricette nuove ed invitanti che
il suo corpo avrebbe voluto mangiare all'istante.
Si calmò solo quando il suo cestino fu colmo di cibo e con l’eccitazione
di una bambina alla quale avevano appena
regalato un nuovo giocattolo tornò a casa, fece le scale di corsa e….
“Natalina!
Guarda cosa ho comperato! Vieni in cucina e mettiamoci subito al lavoro.
Prepareremo insieme un pranzo buono, fresco e colorato!”
“Ma Signorina lei non può entrare in cucina, non è luogo per
la figlia dei padroni!” Disse Natalina
disperata per l'irruenza e la disobbedienza della giovane Maria.
“Mia cara Natalina, dove c’è novità, scoperta e preparazione,
quello è il mio luogo. E la cucina è un luogo adatto alla scoperta ed alla
creazione. Ora al lavoro! E’ un ordine!”
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